L’origine del Santuario dedicato alla Beata Vergine dei Miracoli è legata ad un evento miracoloso: la Madonna apparve sulle rive del Lambro a due fanciulli, uno di essi, sordomuto, acquistò la parola per poter raccontare agli altri la Celeste Apparizione.
La piccola cappelletta campestre costruita all’inizio del Cinquecento sulla sponda del Lambro, in ricordo della visione, si dimostrò ben presto insufficiente ai bisogni spirituali dei sempre più numerosi fedeli.
La necessità di costruire un luogo di culto più adatto portò, nel 1571, a chiedere alla Curia milanese l’autorizzazione a raccogliere offerte per il completamento della chiesa. L’opera venne conclusa nel 1599, come risulta inciso in una pietra posta nella torre campanaria. L’interno, a tre navate, racchiude un numero considerevole di opere pittoriche, tanto che la chiesa viene spesso definita chiesa-museo.
Sull’altare maggiore si trova l’effigie della Madonna, del 1507, proveniente dalla originaria cappelletta da cui era stata trasportata con una tecnica rudimentale in un involucro racchiuso in travi di quercia.
Di autore ignoto ma con notevoli capacità artistiche, l’affresco nel 1954 è stato di nuovo strappato e trasportato su tela; il restauro e la ripulitura poi hanno permesso di riscoprire l’opera originale, di singolare bellezza. Rappresenta la Vergine assisa che regge con la destra il Figlio Benedicente e con la sinistra una rosa campestre. Di Bartolomeo Roverio, detto “il Genovesino”, sono l’affresco dell’abside con Profeti ed Angeli musicanti e quello della volta del presbiterio raffigurante la Vergine Assunta in cielo circondata da Cherubini. Attribuite ai fratelli Campi (Giulio o Antonio) sono le tele tardo-cinquecentesche di vaste dimensioni e di notevole bellezza che adornano il presbiterio e il coro, rappresentanti i Cinque Misteri Gaudiosi. Le due tele del presbiterio, quelle di maggior ampiezza, raffigurano la Natività e la Presentazione di Gesù al tempio, mentre quelle del coro, poste tra una finestra e l’altra, rappresentano la Visitazione, l’Annunciazione e la Disputa di Gesù coi dottori.
Le pitture più belle, però, sono quelle che appaiono sulla volta della navata centrale; sono state eseguite da Andrea Appiani nel 1785, nel periodo in cui fu ospite del conte Davenne, proprietario di una villa in Rancate. Si tratta di episodi biblici affrescati in tre grandi ovali: “Giacobbe che incontra le sorelle Rachele e Lia”, “Giuditta che mostra agli israeliti la testa decapitata di Oloferne” e “Assuero che dichiara di sposare Ester”.
Queste opere giovanili dell’Appiani (1754-1817), che precedono di quattro anni la “Storia di Psiche” dipinta nella Rotonda della Villa Reale di Monza, sono circondati da pregevoli stucchi decorativi di Giocondo Albertolli che, con l’Appiani, collaborò alla decorazione della Villa Reale di Monza e di altre residenze nobiliari.
Sugli altari minori sono fissate due tele; su quello di sinistra vi è l’Iniziazione della Vergine di Antonietta Bisi, sull’altare di destra una tela secentesca con la Vergine e Santi.
E’ purtroppo scomparso un affresco dell’Appiani posto sulla facciata, raffigurante l’Assunta.
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Ultimo aggiornamento: 31/10/2024, 15:59